Nella “città delle streghe” è arrivato un monumento dal fascino profondo: il Gatto di Triora.
Come se questo luogo all’interno del territorio della Liguria non possedesse già a sufficienza un’atmosfera ammaliante, il nuovo reperto si colloca alla perfezione nei percorsi del borgo, lungo le tappe intriganti che avevo già approfondito lo scorso anno in questo articolo.
Il Gatto di Triora ha avuto un’ispirazione che secondo alcuni studi apparirebbe controversa, ma credo che buttare il bambino assieme all’acqua sporca sia sbagliato in questo caso: per questo, e non solo per il rapporto tra gatti e streghe da sempre a dir poco emblematico, ho deciso di dedicargli questo articolo di approfondimento sul blog.
Streghe e gatti, neri specialmente: un rapporto privilegiato
Streghe e gatti, neri specialmente: questo binomio è sempre stato di ispirazione per i racconti popolari, dove la figura della strega è spesso accompagnata dal suo amico gatto o, in molti casi, il felino è la forma in cui si tramutano queste donne quando abbandonano un luogo spontaneamente o la loro vera natura viene scoperta e devono fuggire.
In tempi più recenti, poi, la narrativa fantasy degli ultimi decenni ha enfatizzato questo argomento, con l’iconico Grattastinchi (Crookshanks) di Hermione Granger nella saga di Harry Potter e numerosi altri esempi di famigli incarnati da gatti. Fra l’altro, anche Brunella Quinti, la protagonista della mia Saga delle Streghe Quinti, ha un gatto nero chiamato Catullo che vive con lei a Manerba del Garda.
Come nasce questa associazione tra streghe e gatti, nell’immaginario collettivo?
L’origine potrebbe essere lontana e cercherò di semplificare alcuni aspetti.
Innanzitutto il gatto si avvicinò all’essere umano 12.000 anni fa, come dimostrano alcuni studi: e uno stereotipo ormai radicato lo associa alla donna, per via soprattutto delle piccole dimensioni e della sensualità dei movimenti, parallelamente mettendo in correlazione l’uomo e il cane.
Le donne viste come “fatali”, ovvero “seduttive” e “assassine” (un esempio sono le “strigi” romane, vere e proprie “vampire” che arrivano ad assalire uomini e bambini) e più in generale le donne “libere”, due profili su cui venne poi modellata la figura della strega, hanno una lunga letteratura; e anche il rapporto gatti-femminile ha radici in un passato lontano, affondando addirittura nel mito, come nel caso di Bastet (la dea egizia legata alla fertilità e all’erotismo).
La storia del Gatto di Triora: come e perché è nato
Dal ruolo del gatto nella cultura popolare, e per il rapporto privilegiato che avrebbe con le streghe, è arrivata l’idea di Svetlana Lin e Alezander Orlov, due professionisti russi che vivono a Triora, di commissionare all’artista Elena Rede una statua bronzea dedicata al gatto.
Il manufatto, alto 3 metri, si chiama “Grand Pardon”, “grande perdono”, e vuole essere appunto un mezzo per chiedere perdono a queste magiche creature.
L’obiettivo, come spiega anche Elena Rede sul suo sito, è di:
“installare un monumento simbolico in onore del “Gatto”, vittima della crudeltà umana e dell’Inquisizione nel leggendario “borgo delle streghe” a Triora, nelle Alpi Liguri. L’obiettivo è preservare la memoria di tutti gli animali che sono stati torturati e bruciati insieme alle streghe, nonché di tutti gli altri animali innocenti che sono stati vittime, affinché la memoria di queste atrocità non venga dimenticata.”
Le basi “non storiche” del monumento
Ciò che in questi anni (da quando il progetto è stato reso noto) è diventato oggetto di polemica è la controversa idea per la quale, nei secoli legati alle persecuzioni alle streghe, uno sterminio di gatti sarebbe stato compiuto per colpa della Chiesa.
Va premesso che ci sono inesattezze di vario tipo anche negli articoli che tentano di ricostruire la verità storica (sic!).
Inoltre va detto subito che non esistono e non possono esistere numeri riguardo a questo tema, e il motivo è facilmente intuibile: a differenza di quelli legati alle streghe, che dovevano comunque essere processate, perché uno storico avrebbe dovuto riportare quelli legati all’uccisione di animali nei documenti ufficiali?
Ciò che è certo è che la Chiesa non emanò mai un atto ufficiale per la condanna dei gatti. Le citazioni dei gatti (come nella “famosa” bolla di Papa Gregorio IX) appaiono in modo discontinuo anche nei secoli in cui le persecuzioni furono più forti e non esistono numeri su effettive stragi.
Tuttavia ciò che si può sicuramente attestare è che la credenza che esistesse un legame tra il gatto (in particolare il gatto nero) e le streghe (e con il diavolo) è profondamente instillata nella cultura popolare e anche la Chiesa non ne fu immune. Tanto che se ne trova traccia proprio all’interno delle chiese, come per esempio all’interno della Basilica di San Salvatore a Pavia, dove San Martino di Tours viene tentato proprio da un gatto nero (foto sotto).
Ailurantropia e un caso sul Monte Baldo
Una delle credenze più diffuse sul rapporto tra streghe e gatti, è che le “megere” avessero un potere chiamato “ailurantropia”, ovvero di potersi trasformare a loro piacimento proprio in gatti.
La parola ailurantropia deriva dalla parola greca “aílouros”, che significa “gatto”, e dal suffisso “-tropia”, “trasformazione”.
Le storie di streghe che si trasformano in gatti sono molto diffuse nella tradizione popolare: e, in molti casi, la strega viene identificata come tale solo perché riconosciuta da una ferita o da un segno di riconoscimento rimastole da un misfatto compiuto a guisa di gatto.
Anche nel mio libro “Leggende, curiosità e misteri del lago di Garda” io ho raccolto una versione gardesana di queste leggende, che è legata al Monte Baldo.
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Il Gatto di Triora si trova nei pressi del castello, chiaramente indicato dalla cartellonistica locale. Secondo quanto mi è stato detto, prossimamente potrebbe essere spostato alla Cabotina.
Il monumento merita sicuramente una visita e può essere lo spunto per ulteriori approfondimenti.