Tra le vecchie cronache del paese di Desenzano del Garda ve ne sono alcune che oggi, superficialmente, potrebbero anche strappare un sorriso.
Storie di sguardi, di gesti banali, di piccoli oggetti che finiscono per assumere un’importanza o, improvvisamente, vengono notati: da tutte queste cose, un tempo, nascevano le accuse e poi i processi alle streghe, ma nel Novecento l’Inquisizione era ormai un ricordo ammuffito fra le vecchie carte.
Tuttavia tali dinamiche che trasformano qualcosa di banale in qualcosa di significativo continuano a esistere anche in epoche molto recenti, così un secolo fa la storia di Rosalia non è un’eccezione tra quanto avviene qui, ma una cronaca più che credibile nella quotidianità desenzanese.
E la vicenda è quella di una giovane, evidentemente ambita tra i coetanei della città, perché Rosalia ha addirittura due pretendenti. Ovviamente, come è naturale, ne sceglie uno come marito, ma è proprio allora che iniziano i suoi guai.
Rosalia inizia a stare male. Dovrebbe pianificare il matrimonio, dopo la sua decisione, ma deve invece preoccuparsi di ciò che non va.
La madre è una donna all’antica: crede ai santi e ai loro miracoli, ma allo stesso tempo sa bene quali siano le virtù di strie e striù, a cui fa visita quando non è impegnata in qualche novena.
Così è proprio grazie alla mamma di Rosalia che apprendiamo alcuni metodi che venivano usati a Desenzano per scovare gli incantesimi e sconfiggere il malocchio.
Le candele sono il punto di inizio: la donna le accende e poi si mette a frugare tra i materassi dove dorme la figlia Rosalia, finché si imbatte in uno di quegli oggetti irrilevanti citati nell’incipit: da essi, infatti, emerge un groviglio di piume tenuto assieme da un misterioso cordoncino rosa, che né lei né la figlia hanno mai visto.
È stata stregata! La donna non ha dubbi: a farlo è stato l’innamorato deluso, che per vendicarsi di Rosalia dev’essersi rivolto a qualche strega che gli ha lanciato una maledizione e ha creato quel laccio.
I materassi vengono svuotati e così rivelano di custodire tanti di quei legamenti! Non resta che bruciare tutto e la madre, poveretta, si strugge per togliere alla figlia quell’anatema: prova a fare magie e incantesimi, fa annusare a Rosalia erbe portentose e nasconde sacchettini misteriosi fra le sue lenzuola.
Alla fine la donna decide di trovare una striuna, la quale la convince che l’unica soluzione è far toccare una gallina nera al ragazzo che le ha lanciato la magia.
A quel punto, purtroppo, la vecchia cronaca sfuma via. Non sappiamo come si risolve la vicenda: forse la madre riesce a far toccare la gallina nera al ragazzo, chissà… Però, di sicuro, quello sarebbe stato un metodo infallibile.
Una delle ultime informazioni che abbiamo su questa strana vicenda accaduta a Desenzano un secolo fa è infatti che anche la madre era stata, a suo tempo, protagonista di un legamento di magia: ai tempi della sua giovinezza, per far innamorare il fidanzato, gli aveva infilato in ogni scarpa tre grani di sale e quello, al tredicesimo giorno di quella pratica col sale, si era dichiarato.
Le storie di streghe, sul lago di Garda, sono raccontate anche dalle antiche cronache e non solo dalla Saga delle Streghe Quinti!
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