Su una delle dolci colline che si ergono attorno a Sedena di Lonato secondo una leggenda abitavano le tre più belle ragazze del paese.
Essendo le tre sorelle ben consapevoli del dono che avevano avuto dalla natura, tutte e tre ben vestite andavano in giro la domenica oppure in occasione delle altre feste per farsi vedere e ammirare.
In piazza, in Chiesa per la messa o nelle riunioni pubbliche: ogni occasione andava bene per mettersi un po’ in mostra e far sospirare i giovanotti. Le tre ragazze, superbe e altere, si divertivano così. E questo non faceva che peggiorare la vita già difficile di quei tempi, dato che a Lonato e in tutti i dintorni da tempo una forte siccità stava mettendo tutti a dura prova.
Una sera, rientrando a casa dopo una festa, lungo la strada i cavalli che trainavano il carro delle tre sorelle a un certo punto non vollero più saperne di proseguire.
Una delle tre, allora, impugnò il frustino, ma non ci fu nulla da fare: gli animali, nonostante gli incitamenti e le frustate, non avevano intenzione di portarle più in là.
Alla fine, forse stanchi del loro accanimento, i cavalli fecero qualche passo in avanti ma ben presto si impantanarono e la carrozza iniziò a sprofondare in una palude che era improvvisamente comparsa.
Il mezzo andava giù così velocemente che le tre ragazze furono costrette a riprendersi subito dallo smarrimento e, disperate, si misero a urlare come forsennate.
I compaesani che vivevano nei dintorni sentirono le loro grida. Qualcuno accorse e vide cosa stava succedendo. Il carro e i cavalli stavano precipitando nel fango portando con sé le tre ragazze, che non riuscirono a scendere. Nonostante vari tentativi di aiutarle, ben presto il mezzo, le sue conducenti e gli animali furono inghiottiti dalla fanghiglia e nessuno nei giorni seguenti riuscì a ritrovarli.
Il terreno rimase così per un po’ di tempo, poi da un giorno all’altro si prosciugò e, nel punto esatto in cui la carrozza era scomparsa, dalla terra scaturì una meravigliosa fonte d’acqua cristallina con tre zampilli.
Di acqua ne sgorgò molta, tanto che i campi lì attorno furono ben presto refrigerati. Poi l’acqua continuò a scorrere fino a raggiungere il paese e così la gente e tutti gli animali della zona poterono dissetarsi e irrigare i campi. Ben presto le sofferenze della siccità furono lenite da quella preziosa novità.
La leggenda, così come mi è stata raccontata, afferma che le tre ragazze si chiamassero “Bagnolo” di cognome e dunque la fonte fu battezzata “Le Bagnolo”. Oggi, nel territorio di Sedena, esiste ancora la via Bagnole, che forse è una storpiatura di un toponimo precedente che indicava la loro corte.
Si racconta che le tre sorelle si pentirono del loro comportamento superbo e, per questo, dal luogo in cui erano state trascinate all’inferno sgorgò quella fonte di tre zampilli.
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Verità o leggenda?
Da sempre tutta l’area delle colline moreniche del lago di Garda è una zona di risorgive e piccoli laghi, quindi un fondo di verità in questa leggenda potrebbe esserci eccome.
Mi interessava raccontarla qui sul blog perché in un’altra zona di Lonato, nei pressi del Lavagnone, mi hanno raccontato e chiesto di approfondire una leggenda che ha degli elementi simili a questa: essa racconta di una dama che fuggì con dei forzieri e che fu inghiottita dal terreno mentre scappava con la sua carrozza.
Specifico che non si tratta di Adelaide di Borgogna (anche se in effetti è curioso che anche Adelaide sprofondi in questa zona con il suo mezzo) ma di una contessa in fuga da un castello o da una villa che doveva trovarsi nella zona dell’agriturismo La Spia d’Italia. L’attuale proprietaria sa che molti lonatesi nei decenni passati andavano a scavare nella “palude” di questa zona alla ricerca dei forzieri o di qualche tesoro.
Mi piacerebbe raccogliere qualche info al riguardo, come sempre a [email protected] o tramite i miei vari contatti.
Le altre leggende legate a Lonato e alle colline moreniche del lago di Garda si possono invece scoprire sul saggio “Misteri Morenici” oppure, in forma di racconto, alcune sono presenti nell’antologia “Gardesaniana“.
Simona Cremonini