Nelle tradizioni popolari del mondo intero molto importante è il ruolo simbolico ricoperto dalle lavandaie.
Queste donne, spesso incaricate del bucato non solo di famiglia ma anche per conto di altri nuclei familiari più agiati, sono personaggi che fino a pochi decenni fa si potevano vedere abitualmente anche attorno al lago di Garda, su quelle stesse spiagge che invece oggi sono destinate praticamente a un uso solo turistico.
In Italia, e in particolare nel nord Italia, il folklore le ha spesso utilizzate e fatte proprie rappresentando come lavandaie alcune creature sovrannaturali legate per nascita ai fiumi e alle acque dolci: l’esempio più lampante è quello delle Anguane.
Tuttavia la tradizione cristiana ha portato a ricoprire questo ruolo anche donne che non erano di origine fatata o sovrannaturale: in molte leggende appaiono le cosiddette “lavandaie fantasma”, donne che non hanno trovato pace, perché devono ancora “lavare via” i propri peccati, e le cui apparizioni sono legate in particolare alla festa cristiana della Pentecoste (che nel 2021 cadrà domenica 23 maggio).
Le anguane lavandaie: purificare per propiziare
Come racconta il bestiario Fantastico Garda, che raccoglie le diverse leggende legate al rapporto tra anguane e lago di Garda, le anguane sono creature acquatiche che, secondo la tradizione, un tempo vivevano nei luoghi di acqua dolce come i laghi o i torrenti allargando la propria presenza all’intero nord Italia.
Visto anche il rapporto che esse hanno con queste acque, in molte leggende una delle loro caratteristiche è quella di essere delle ottime lavandaie e di svolgere questa attività soprattutto nelle ore notturne (al contrario delle donne del paese che lavano di giorno), spesso stendendo il bucato ad asciugare su fili tirati tra monti e alture.
Colui che fosse così incauto da uscire di notte, o da attardarsi tanto da dover attraversare le campagne al buio, non è detto che avrebbe la possibilità di vederle (questo è uno degli elementi per cui le anguane/lavandaie fantasma potrebbero quasi somigliare a degli spauracchi) ma potrebbe udire dei suoni di panni sbattuti oppure sciacquii misteriosi provenienti dalle fontane o dai piccoli corsi d’acqua.
Che si tratti di anguane o di anime del Purgatorio (come più tardi cercherà di fissare la tradizione cristiana) che appaiono in guisa di fantasmi, oppure di figure legate al mito arcaico della dea Morrigan (che mutava anche in questa forma), le azioni delle lavandaie fantasma spesso hanno un significato e una funzione profonda che sfuggono all’occhiata veloce che, con la loro demonizzazione, viene loro dedicata: si tratta infatti di figure dalla grande capacità ricettiva, che accolgono in sé ed elaborano aspetti sporchi e minacciosi rendendoli puliti e propizi.
Le lavandaie attorno al lago di Garda
Che siano anguane, anime erranti oppure donne che svolgono un lavoro duro per la famiglia, come accennato a inizio articolo le lavandaie sono personaggi molto presenti attorno al lago di Garda.
La figura della lavandaia, come ruolo lavorativo e sociale per molte donne, compare nei diversi luoghi del lago di Garda fino al Novecento, tanto che si possono reperire diverse fotografie storiche che ritraggono lavandaie sulle sponde e sulle spiagge.
A Desenzano esiste ancora il Vicolo Lavandaie a ricordare queste donne che anche Giosuè Carducci ebbe modo di raccontare nella sua “Ça Irà” del 1883:
“… Su la distesa delle acque è una tristezza intensa cinerea: qua e la tonfi di ranocchi che si tuffano, e continua ripercuote dalla sponda del paese con lo strofinio, co ‘l diguazzamento e gli sbattimenti, l’opera delle lavandaie…
… Ma voi, lavandaie di Desenzano, non badate a queste usualità, che a noi fantastici oziosi paiono di gran belle cose. Per voi il Benaco, lavandaie, è un gran catino, e il cielo uno sciugatoio. Se fosse qui un poeta giovincello de’ soliti andrebbe smammolandosi su le curve, e lavorerebbe per il bordello, mentre voi lavorate, o buone, per la famiglia. lo vi guardo, serie, silenziose, solenni lavoratrici; e penso. Le camice della sposa e le lenzuola tra le quali mori un etico ieri, la tovaglia dell’osteria e il mantile della mensa di Cristo, i calzoncini del bambino e la giacca in saguinata del micidiale, voi tutto lavate, o lavandaie; e tutto esce bianco o almen netto dalle acque schiumanti sotto i vostri attorcimenti. Anch’io risciacquo, lavandaie, idee vecchie e idee nuove; e le nuove non sono belle, e le vecchie non sono buone; e queste son ragnate, e quelle non reggono; e mi riescono dalle mani a ogni insaponatura più torbe e chiazzate di prima. ll vostro sciabordio turba a pena il primo primo svariar delle acque su ‘l margine: poi viene e batte una on da più forte; e tutto è turchino come avanti; e la minuta arena verdastra e i ciottoli granitici traspaiono rossicci dal fondo, e i pesciolini grigi guizzano vispi per quella nitidità fresca d’acciaio. E se vi prende voglia di pur alzar gli occhi dal bello specchio del vostro lavoro, voi vi vedete innanzi il sorriso della riviera e vi saluta un profumo di cedri che vien da Salò…”
A Tremosine sul Garda è stato aperto un museo dedicato alle attività delle lavandaie e ai vecchi lavatoi del paese, di cui si possono trovare notizie in questa pagina.
Inoltre il Comune di Salò celebra proprio le lavandaie con la statua della “donna del lago” di Angiolino Aime collocata l’11 maggio 2008 in zona Rive, nei pressi del cantiere Arcangeli.
Tuttavia anche qualche aneddoto dal sapore leggendario rivela la presenza anche delle cosiddette “lavandaie fantasma” nella regione attorno al lago.
Nel 1899 un contadino racconta che rientrando a casa a Manerba del Garda, nei pressi del rio Avigo, una sera in cui il sole stava già tramontando notò una figura che stava lavando proprio nelle acque del torrente. Incuriosito dal fatto di non averla mai vista in una comunità così piccola come quella dei dintorni, gli venne spontaneo osservare che era molto tardi per lavare, ma la sconosciuta non rispose e continuò con la sua occupazione. L’uomo allora proseguì il suo cammino, ma nei giorni seguenti ebbe modo di chiedersi in più occasioni se non si fosse imbattuto in un’anima che non aveva trovato pace. Si rivolse dunque al suo confessore per ottenere una benedizione, che scacciò il suo timore di aver fatto qualcosa di male rivolgendo la parola alla lavandaia notturna.
Lavandaie fantasma e Pentecoste: un legame della tradizione
La Pentecoste nella tradizione cristiana celebra il momento di inizio alla missione della Chiesa: ovvero la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e sulla Vergine Maria nel Cenacolo, cinquanta giorni dopo la risurrezione di Cristo.
Negli Atti degli Apostoli è scritto: “Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi” (At 2,2-4).
Esiste un legame tra la festa della Pentecoste e le figure delle lavandaie che non hanno trovato pace: un tempo era infatti in queste notti, tradizionalmente, che le lavandaie apparivano ai vivi che avevano modo di vederle. E poiché gli Apostoli in quel momento ebbero la capacità di comprendere tutte le lingue e parlarle, non poteva esistere un momento più simbolico per apparire per coloro che con i vivi non potevano più comunicare, come appunto le lavandaie notturne.
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Verità o leggenda?
In questo articolo ci sono molti spunti che appartengono a entrambi questi campi.
Questo mese ho deciso di parlare di questo legame tra lavandaie, anguane e Pentecoste per raccontare questa festa poco valorizzata della tradizione cristiana e per una coincidenza particolare legata all’evento di cui parlo in questo articolo.