Con le sue lunghe sponde gemelle, che ergendosi da nord a sud e da sud a nord si guardano specchiandosi nelle sue acque azzurre, il lago di Garda suggerisce istintivamente di possedere una natura doppia e ha favorito da sempre storie e culture di personaggi magici quali i gemelli.
Dai fratelli Limone e Grineo alle gemelle Les Eguales, fino ai “gemelli” santi come Benigno e Caro nonché Fermo e Rustico, le leggende locali hanno di continuo incrociato la tematica del doppio (numerose le leggende che, in proposito, sono riportate su “Leggende, curiosità e misteri del lago di Garda”, mentre le stesse storie trovano un contesto narrativo in “Gardesaniana”), ma i luoghi della regione del lago di Garda hanno da tempi antichi accolto anche i miti legati a questo tema. In particolare, infatti, sul territorio ha trovato casa il culto di dèi bicefali come Janus, o Giano, il dio romano bifronte, nonché i gemelli della dimensione mitica e, in particolare, i Dioscuri.
I Dioscuri sul lago di Garda e dintorni hanno incontrato un terreno fertile per il loro culto, per certi versi molto misterioso. Ma chi erano costoro?
I Dioscuri: fratelli divini e oscuri
I Dioscuri, i gemelli Castore e Polluce, erano fratelli divini, figli (varie sono in realtà le versioni in cui viene raccontato questo mito) da una parte di Zeus e Tindaro (il primo padre di Polluce, immortale come lui, il secondo padre di Castore, di natura completamente mortale) insieme alla moglie di quest’ultimo Leda, che aveva giaciuto con entrambi la stessa notte; i Dioscuri erano inoltre fratelli di Elena, colei che accese gli animi al punto di far scoppiare la Guerra di Troia.
Non è chiara l’origine del nome Dioscuri perché, oltre a essere legati al dio assoluto (la parola “Dios” indicherebbe Giove mentre “Kouros” ha il significato di “fanciullo” o “figlio”), il loro nome si rispecchiava nel vocabolo “Obscuritas”, ovvero “oscurità”.
Qualcosa di oscuro Castore e Polluce l’avevano davvero: dopo molte imprese eroiche, infatti, Castore venne ucciso e Polluce chiese a Zeus di morire per non doversi separare dal fratello. Tuttavia Polluce, essendo un semidio, non poteva morire e allora il padre gli offrì di dividere
la propria immortalità col fratello. Essi avrebbero trascorso insieme, alternativamente, un giorno sull’Olimpo e un altro nel regno dei morti.
Da allora i due divennero anche protettori dei naufraghi e dei naviganti, invocati per avere venti propizi e per essere salvati dalle tempeste, avendo il potere di dominarle concesso loro dal dio del mare, e più in generale salvatori provvidenziali, potendo comparire all’improvviso in una mischia o in una battaglia.
I Dioscuri, che indossavano in genere il pilos, berretto conico che copriva loro il capo (come nella testa conservata a Sirmione al Museo delle Grotte di Catullo), erano inoltre considerati delle divinità della luce che potevano anche apparire da un momento all’altro come astri, solari o notturni: più tardi, secondo la tradizione, si tramutarono nella costellazione dei Gemelli.
Catullo e i Dioscuri sul lago di Garda
Con l’arrivo della cultura romana sul lago di Garda, anche i Dioscuri giunsero su questo territorio.
A testimoniare la loro presenza, oltre ad alcune tracce di culto qua e là (come una curiosa leggenda che colloca alcune ritualità a essi legate attorno a
Cavriana, sulle colline moreniche dell’alto mantovano), vi sono certamente gli scritti e i carmi del poeta Catullo, che si spese in più componimenti nel citarli ed esaltarli.
“Adesso invecchia in una quiete nascosta, e si consacra a te, Castore, e a te, gemello di Castore”. Così scrisse Catullo, dalla sua dimora a Sirmione, riguardo alla piccola imbarcazione usata per uscire sul lago e che, suo malgrado, è divenuta protagonista di numerose leggende locali, che la legano addirittura alla nascita del pesce carpione (come racconta il saggio “La leggenda vien mangiando”).
In un altro frangente lo stesso poeta romano spiega anche il ruolo dei Dioscuri come protettori dei viaggi in acqua:
“come ai naviganti sbattuti in una nera tempesta
viene in soccorso un vento leggero e propizio,
implorato pregando Castore e Polluce”.
Questo legame tra Catullo e i Dioscuri è stato, anche nella Saga delle Streghe Quinti, uno dei motivi che hanno accompagnato Brunella nell’ultimo romanzo del ciclo, ovvero “La leggenda degli amanti del lago”, dove i Dioscuri diventano figure strategiche della narrazione: l’ultima discendente del poeta sirmionese e di Quinzia avrà, infatti, modo di imbattersi nei versi del suo antenato Catullo che parlano proprio dei Dioscuri e che la guideranno nell’avventura finale della saga.
I Dioscuri a Brescia e Verona
Anche più ampiamente nella regione gardesana, i Dioscuri hanno avuto modo di fare la propria apparizione nel tempo.
A Offlaga, nel bresciano, Gnocchi nella sua opera di raccolta delle antiche epigrafi della provincia, riprendendo il Rossi, dà notizia di un’iscrizione a Castore e Polluce nella casa del nobile sig. Barbisoni: CASTORI ET POLLVCI / … TVLLIV … / … ERAT …
Nel veronese invece va segnalato che i Dioscuri a Verona furono tra i soggetti scelti per i gruppi bronzei che già originariamente ornavano il ponte monumentale chiamato Ponte della Vittoria, costruito nel 1929 per omaggiare i caduti veronesi e ricostruito dopo essere stato abbattuto durante la Seconda Guerra Mondiale. Oggi le sculture realizzate dallo scultore Mario Salazzari, che li collegò all’immagine della vittoria, guardano di nuovo alla città dall’alto del ponte, dopo essere state messe da parte per molti anni.
Gabriele d’Annunzio e i Dioscuri
Tra coloro che onorarono i Dioscuri nelle proprie opere, vi fu anche il gardesano d’adozione Gabriele d’Annunzio.
Il poeta-soldato ebbe modo di citarli in diverse composizioni, per esempio in “Alcyone“:
una lucerta
su l’ara dei Diòscuri tranquilla
gode in grembo alla dea di lunga face.
Ma, soprattutto, in “Merope. Canti della guerra d’oltremare“, in cui il Vate celebra la guerra italo-turca per il dominio della Libia, sono le figure dei Dioscuri a ispirargli alcuni versi che descrivono il commiato dei caduti. Il riferimento è a una leggenda secondo la quale, al ritorno dalla spedizione degli Argonauti, Castore abbeverò il proprio cavallo nelle acque del fiume Timavo, nella zona del Carso:
“E tu, Dioscuro, franco del cavallo e dell’asta, sei ridisceso a lavare dal lutto la tua casta forza nel lustrale Timavo. Ma dov’era il tuo fratello? la sua forza dov’era? Non l’avevano raccolto dentro la tua bandiera stessa i compagni di ardore. Non il suo corpo abbronzato sul rottame fumante dell’ala avevan disteso, né con le foglie sante coperto il nudato suo cuore; né veduto di tra le foglie dell’alloro pugnace ardere subitamente nel profondo torace un fiore perfetto di fuoco. Eroe, tu m’attendi invano sul tuo fiume lustrale”.
Mentre nel libro delle “Laudi“:
Ode che canta oggi il tuo destino
le cose che portano i segni:
la nube che sul Palatino
sanguigna risplende
come porpora imperiale
tra gli ardui cipressi; il divino
silenzio del vespero che accende
i Diòscuri domitori
di cavalli sul Quirinale (…)
Sono questi alcuni esempi di come, con il loro spirito battagliero, i Dioscuri ebbero forte ispirazione sul poeta e sull’eroe, che scelse il lago di Garda e il suo Vittoriale come dimora.
Verità o leggenda?
Il mito dei Dioscuri, che li collega all’intimo credo dei Romani in queste figure che potevano guidarli in battaglia e nella vita, è certamente realtà, ma nella leggenda e nella meraviglia popolare si nutre per farsi poesia, in Catullo come in d’Annunzio.
Per scoprire i Dioscuri e seguirne la scia attorno al lago di Garda, non posso che consigliare il romanzo “La leggenda degli amanti del lago”, che pesca formule magiche proprio dai componimenti catulliani per questi gemelli divini.
Si può acquistare ordinandolo in libreria oppure riceverlo con dedica e autografo contattandomi come indicato a questa pagina.