Nel trionfo rigoglioso dei boschi e selve che circondano il lago di Garda un ruolo unico e misterioso è quello ricoperto dalla dea Diana, la dea lunare che opera nell’aria, nell’acqua e nella terra e che era associata proprio alla “silva”. Regno di Silvano, con cui condividevano il nome, gli antichi boschi erano “silvae”, “selve”, e accoglievano in modo privilegiato anche la grande dea vergine e “selvaggia” Diana.
La dea Diana a Brescia
Circondato da un boschetto di lauri, un tempo nella città di Brescia sorgeva un tempio dedicato alla dea Diana nel luogo in cui oggi si trova la Chiesa di San Faustino e Giovita (i riferimenti storici indicano il luogo come “San Faustino Maggiore”, come anticamente era chiamato il convento qui situato, e più in là del tempo si sa che il sito in precedenza apparteneva a una Chiesa di Santa Maria in Silva, ovvero “nella selva”).
La presenza di un luogo dedicato a Diana in città non dovrebbe stupire, dato che era perfettamente normale in epoca romana che alcuni boschi sacri trovassero posto all’interno dell’area urbana: tanto che a Mantova il tempio alla dea era posto dove oggi sorge la Rotonda di San Lorenzo, come racconta “Mincio Magico” spiegando anche i numerosi riferimenti a Diana nella città virgiliana.
È nel bresciano che però si trovano due dei riferimenti più curiosi alla dea Diana, poiché Ottavio Rossi nelle sue “Memorie Bresciane” riporta che Diana era celebre come oracolo fra gli antichi Cenomani nella terra di Moniga, dove vi era un luogo sacro chiamato Fanum Munychiae, ovvero Tempio di Diana Monichia; e inoltre fa cenno a un’iscrizione esistente in Brescia su una casa con l’indicazione “Isidi Munatia”, questo perché Diana nel bresciano era adorata anche con il titolo di Iside, ovvero Diana Iside. Potrebbe essere il motivo per cui, misteriosamente, attorno al lago di Garda ricorre in più luoghi la presenza di antichi templi e culti intitolati alla dea egizia.
La leggenda di Diana a Moniga del Garda
Dall’epiteto di “Fanum Munychiae”, forse storpiato nei due nomi di Fauno e Diana, potrebbe essere stata ispirata anche una curiosa leggenda ambientata nei boschi attorno a Moniga sul Garda e che vede protagonista la dea stabilitasi sulle rive del lago di Garda nelle sembianze di una ninfa di nome Diana.
Vivendo in un grande castello, situato nei pressi di una fonte miracolosa, Diana trascorreva le sue giornate fra i boschi rigogliosi e qui un giorno incontrò Fauno, un nipote del re Saturno, che si innamorò pazzamente di lei.
Pur di poter vivere con l’amata, Fauno accettò di abbandonare la sua vecchia vita e trasferirsi qui, ma dopo solo due anni d’amore Diana si incapricciò per un cavaliere della piccola nobiltà di nome Felice.
Felice sapeva dell’esistenza del suo rivale e così incoraggiò Diana a ucciderlo, perché potessero stare insieme senza doverne temere la vendetta.
Il destino venne loro incontro: Fauno un giorno fu ferito da una fiera e andò alla fonte per curarsi, ma Diana ne fece prosciugare l’acqua. Poi disse a Fauno di sdraiarsi nella vasca perché l’avrebbe curato con erbe miracolose.
Ma quando Fauno lo fece, Diana la chiuse con un coperchio di pietra e versò del piombo fuso per chiudere tutte le fessure.
Fatto questo, Diana si precipitò da Felice a dirgli che si era liberata di Fauno. Ma il cavaliere, forse temendo che un giorno avrebbe fatto lo stesso con lui, la scacciò.
Si dice che l’infelice Diana in alcune notti appaia ancora sugli spalti del castello, in forma di fantasma, per parlare alla luna che è l’unica disposta ad ascoltarla.
Diana nel veronese e nelle epigrafi attorno al lago di Garda
Tornando all’aspetto storico e archeologico, nell’area veronese del lago su un’ara custodita presso il Museo Maffeiano di Verona, come riportato qui, Diana è rappresentata con arco, faretra e cane, ovvero come cacciatrice, così come a Sant’Ambrogio di Valpolicella un affresco a Villa Nichesola-Conforti realizzato da Paolo Farinati la mostra con arco e cane.
Varie epigrafi sono documentate in vari punti della regione gardesana: oltre a una visibile presso il Capitolium di Brescia e intitolata ad Apolline Dianae, presso l’Arena di Verona sono state rinvenute una testa riferibile alla dea e un’epigrafe che celebrava l’innalzamento di una sua statua.
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Verità o leggenda?
I ritrovamenti archeologici non possono essere banalizzati e l’ambito della leggenda sicuramente si presta a ulteriori approfondimenti.
Tracce di Diana e anche di Iside, come accennato qui e approfondito in uno dei prossimi articoli che appariranno sul blog, si trovano in vari luoghi del lago di Garda: lo studio non si ferma e il mistero continua.
Simona Cremonini