Uno dei personaggi ricorrenti nella Saga delle Streghe Quinti è quello di Cornelia Quintiliana, che visse nel primo Rinascimento a Salò: antenata della protagonista dei tre romanzi Brunella Quinti, il 20 settembre 1593 Cornelia fu condannata per stregoneria.
Per via della terribile storia di Cornelia, che nei romanzi (a differenza di quanto è accaduto per molto tempo nella realtà) risulta nota sulla riviera gardesana e fino a Manerba, Brunella diventerà la “portaiella”, “befana”, “strega” del paese, segnando tutta la sua vita e il suo isolamento durante l’infanzia e l’adolescenza, così come raccontato nel romanzo iniziale della trilogia “Il Sigillo di Sarca”.
Le vicende della salodiana Cornelia Quintiliana sono spiegate nel saggio “Leggende, curiosità e misteri del lago di Garda”, che nel 2008 con la sua prima pubblicazione ha riportato in auge questa terribile pagina di storia che nelle riviere gardesane era sostanzialmente caduta nel dimenticatoio nonostante figuri nel saggio di Maurizio Bernardelli Curuz “Streghe bresciane”.
La storia di Cornelia era stata, in precedenza, portata alla luce in particolare dal cav. Francesco Bettoni, che aveva pronunciato una relazione sulla donna e sulla sua storia durante una delle adunanze dell’Ateneo di Brescia, il 3 gennaio 1886.
Il testo completo dell’esposizione, tratto dai Commentari dell’Ateneo e recuperato dagli archivi, può essere letto qui sotto.
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Processo inedito di una strega
Il sig. conte cav. Francesco Bettoni Cazzago vicepresidente legge l’annunciato suo scritto, Processo inedito di una strega.
Di tali spaventosi processi contro streghe e stregoni, avvenuti ne’ secoli XV e XVI nella provincia bresciana, scrissero già tra noi il compianto Federico Odorici e il presidente nostro cav. Gabriele Rosa; e però “sembrerebbe inutile tornarvi sopra e di nuovo esporre insensate procedure e inumane sentenze, che resteranno marchio indelebile dell’ignoranza e della ferocia di quell’età nefasta”.
Così l’egregio sig. conte Bettoni Cazzago: ma il processo e sentenza di cui tratta il vecchio manoscritto venuto per caso in mano sua, del quale fa dono all’Ateneo, sembrano a lui meritevoli di singolare attenzione.
“I processi che l’Inquisizione condusse principalmente nelle contrade a noi vicine della Valtellina e della Vallecamonica sullo scorcio del secolo XVI e nel susseguente si rassomigliano nella trattazione e nello svolgimento in sì fatto modo, da far giustamente dubitare all’Odorici che fossero preparati innanzi di essere svolti, tanto nelle denuncie e nelle deposizioni, quanto negl’interrogatori e nelle prove, e tutti o quasi tutti sono architettati nel medesimo modo sopra imaginari e assurdi delitti commessi in dati luoghi e con identiche circostanze, specialmente in odio alla religione e in danno d’altrui”.
Moveano di solito da denuncie o voci raccolte dall’Inquisitore sul conto d’individui lasciatisi pervertire da suggestioni del diavolo, recatisi ad adorarlo sul Tonale “ove tiene sua corte, assiso in trono vestito di rosso colle corna in testa e co’ piedi biforcuti, presso un gran fuoco, trasportati colà a cavallo di un bastone unto di pece infernale”, a mescolarsi orrendamente in quelle orgie di streghe e stregoni da ogni dove colà convenuti agli empi riti, al dileggio e agli scherni delle cose più sacre. Erano queste voci e denuncie fondamento alle accuse contro i rei tratti innanzi al terribile tribunale presieduto da un frate; e di solito le confermavano le confessioni strappate co’ tormenti o con fallaci lusinghe; e non valeano poi le proteste in contrario, talchè le assurde e barbare procedure finivano quasi sempre coll’“estremo supplicio del rogo o della decapitazione”; nulla del pari valendo che l’Inquisitore, nel deferire dopo la procedura i colpevoli al tribunale civile, raccomandasse “probabilmente per ipocrisia, che venissero condannati senza spargimento di sangue e senza morte”.
Tali sono i processi publicati sinora: questo, di cui si occupa il sig. conte Bettoni Cazzago, differisce essenzialmente da quelli in ciò, che non il tribunale della Santa Inquisizione, ma lo fa “un tribunale civile della Republica, stabilito in Salò dove accadde il fatto: il qual tribunale segue le tracce degl’Inquisitori negli interrogatori, nel modo di estorcere le confessioni, nella valutazione delle prove, ma non nelle conseguenze finali, cioè nell’applicazione delle pene”.
Onde avvenne mutamento sì fatto? “Qualche anno prima che il furibondo frate Modesto piantasse il suo tribunale in Valtellina, dalla quale, dopo aver bruciato più di sessanta streghe, fu cacciato a furore di popolo, un altro frate, di nome Antonio, sacro Inquisitore della città e provincia di Brescia, erasi affrettato a scrivere a Venezia al Consiglio dei X, avere scoperto che in Edolo di Valcamonica erano eretici e stregoni, che, insultando alla Croce, immolavano fanciulli, stritolavano l’Ostia sacra nel mortaio, dissepelivano i bambini sacrificandone le carni allo spirito infernale: laonde implorava il braccio del Consiglio suddetto a fine di spegnere co’ supplizi quella eretica e malefica fazione.
La Republica ordinò con lettera 10 dicembre 1485 al podestà ed al capitano di Brescia di prestare al frate inquisitore, colla solita avvedutezza, la debita assistenza per gli arresti e la custodia degli accusati”. Ma avendo poi ordinato che le sentenze del sacro tribunale non fossero eseguite se non previo l’assenso del vescovo, e contro ciò avendo papa Innocenzo VIII con bolla 30 settembre 1486 decretato si eseguissero, pena la scomunica, fu certamente più presto dalla gelosia della propria autorità che dal ribrezzo di tanti iniqui supplizi mosso il Governo veneto ad invigilare ne’ suoi stati l’andamento di que’ processi; il quale nel 1518 li fece sospendere, e “aprì, come or si direbbe, un’inchiesta, il cui risultamento fu di chiarire, come le sentenze fossero dettate con troppo grande severità e cupidigia di guadagno (confiscandosi i beni de’ condannati in favore delle chiese) contro il diritto e contro il breve del papa”. La ignoranza e la superstizione de’ tempi lo impedirono di andar oltre, di abolire risolutamente que’ barbari giudizi, stimati necessari per salvare Io stato dalle eresie e dalle costumanze irreligiose, che riputavansi la maggiore delle sventure. Ed era opinione questa non peculiare ne’ veneti domini, ma universale in Europa, sì che in Francia, Germania, Inghilterra, il numero di tali vittime non fu minore. Va data lode a Venezia d’aver sorvegliato le procedure dell’Inquisizione, di averle avocate quindi a’ suoi giudici, di averne mitigato le sentenze togliendone la pena suprema. Lo notano il Rosa e l’Odorici, e giustamente il primo in un suo opuscolo, “Un processo di stregonerie in Vallecamonica nel secolo XVI”, osserva che tanto più è meritevole di lode Venezia, perocchè mentre essa in Valcamonica sospendeva i processi e mitigava le punizioni, la Valle mandava deputati a chiedere che continuassero. Manteneansi poi, anche nelle procedure condotte dai magistrati civili, la medesima assurdità delle accuse, gli stessi iniqui mezzi nello estorcere le confessioni.
Ma omai ecco il documento, cui giova letteralmente riferire.
Ex Arengo Cl.mi D.Jo.s Baptae Maur.no Prov.s Salodii et cap.i Riperiae pub.to sub die X.o 7bris 1593 f.o 64 t.o
Cornelia Quintiliana de Salò pub.ca strega.
Contro la quale p. l’off.o n.ro del Maleff.o è stato processo. Per quello che essen.o venuto a notitia n.ra p. via di denontia datta dal Console di q.sto sp. co.e di Salò et instantia fatta per li sp.li eletti dal d.o sp. co.e. ritrovarsi in q.sta terra molte Donne, le quali si sono talmente alontanate dal omnipotente, et eterno Iddio, et acostate all’inimico dell’humana natura, che inganate da lui comettono molte triste, et scelerate operationi, vedendosi p. opera loro diabolica, molti inocentiss.i fanciulli ridotti in stato di gran compassione, et molti anco, quali lasciando il corpo malefficiato da q.ste empie furie infernali alla terra, sono con l’a.i.a. volati al cielo, et molte Donne, et Ho.i ritrovarsi pur da q.sti maleffici maltrattati, permett.do così n.ro sig.re p. cause note a sua Divina Maestà, onde si sono sentiti li stridi dell’infelici madri, et afflitti padri, li quali comparsi avanti di noi, hanno dimandato, che con.ra di q.ste si facia giust.a et havendo noi con li propri ochi vedute le Diaboliche malie ritrovate nelli letti, dove giacevano l’innocente criaturine. Habbiamo scop.to chiaro quelle non esser fatura humana, ma bene di Satanasso, et havendo anco voluto haver la fede di R.di Sacerdoti, per quella via che habbiamo potuto, et che ci è stato concesso, delli effetti che hanno fatto li fanciullini malefficiati, quando sono stati con oration benedetti, et quante malie sono state abrugiate da d.i R.di et li effetti parimente che hanno fatto alli malefficiati mentre quelle l’abrugiavano, tanto magiormente habbiamo conosciuto l’opera esser tale, et vedendo noi che da Theologhi inquisitori conforme alla sacra scrittura, et alle leggi vien tenuto, et senza alc.a difficultà terminato che con la p.miss.ne di Dio, possino esser fatte da q.ste empie p.sone con l’opera di Lucifero maleficij tali, sicome anco p. il passato in altre parti si ha manifestam.te veduto. Però volendo con l’aiutto di n.ro Sig.r Iddio, rimediar ad un tanto male afine che q.sto mostro di così horrenda impietà, et p.nicioso contaggio, non vadi scerpendo con tanta ofesa del grand’Iddio, et intendendo noi, che siano con i termini della gius.a vendicati li homicidi, et altri mali da così empia gente commessi, havendo prima essortato, et pregato tutti li Religiosi à far orationi, et pregar sua Divina Maestà, che questa setta di Satanasso sia scoperta, et a noi datta forza di poter venir in luce de i delinquenti, ordinassimo, che dall’ecc.mo Giud.e n.ro dell’Maleff,o fosse formato il processo, con ogni possibil diligenza, et essaminati tutti quelli testimonij, che fussero no.i.ati dal sp. Console, et sp.li eletti, nella formation del quale constando delli maleff.i comessi, essen.o diffamata molto la sud.a Cornelia per Striga, et constando anco in esso alc.e operat.i fatte da lei che inditiavano per tale: Fu di ordine n.ro in q.ste prigion retenta, et continuandosi poi la format.e di esso processo, è stato ritrovato:
Che minaciando un giorno il tempo rovina di tempesta havendosi prima lei lasciata intendere che non saria successo male, si ritirò in un horto, facendo certi suoi segni, et essendo il tempo cessato, disse lo ho pur detto che non ne saria altro.
Sicome anco consta, che con certa polvere di creppa di morto, con ontioni et segni ha risanati molti, che si teniva fossero maleficiati.
Et si ha anco per deposition giurata, che lei si ha offerto ad una Donna, il nome della quale si tace, che à lei bastava l’a.i.o con il levar di una pietra passando suo marito sopra far sì che in alcun tempo non haverebbe giocato alle carte, sicome p. l’istessa via si ha.
Che essendo andata in casa di una gentildona il nome parimente della quale si tace, si ha offerto di far sì, che suo marito haveria lasciato certa Donna, che teniva, et volendo efettuar quel tanto che gli haveva promesso, si fece portar certa stringa, et mentre voleva principiar a far q.sta operat.e fu impedita nel modo come in esso processo, dal qual anco si ha
Che p. le cause in esso dichiarate si ha offerto ad un’altra gentildona, il nome della qual parimente si tace, che havendo lei alc.o a che lei volesse male lasciasse far à lei, sicome si ha anco
Che con altri ha fatto l’istesso, offerendosi di far male, nominando à ponto simil malefficij, dal quale processo anco appare, molte altre, et simili operat.i fatte da lei, è stato anco inquisita.
Che ritrovandosi Nazario pistor, haver una creatura, essen.o andata essa Cornelia in casa sua, nel modo come nel processo si contiene, la malefitiò, la qual in ter.ne di giorni cinq. restò priva di vitta; et dalli effetti che faceva fu giudicato esser essa creatura malefficiata, sicome anco è stata inquisita di haver malefficiato Isabetta moglie di Giosepho Terimbetta p. le cause come in esso processo, nel letto della qual Terimbetta sono state ritrovate molte Diaboliche fatture, et essen.o stata di q.sto da parenti di essa Donna rinfaciata, non ha hauto ardir di dir parola alc.a segno evidente della sua colpa.
Et viene anco affirmato, che p. le cause in processo dichiarite, habbia malefficiato, la moglie del f.llo di Perin molinaro da Idro, nel letto della qual parimente furno ritrovate malie, conforme à quelle che nelli altri letti erano state ritrovate, la qual Donna dopo molte minacie fatte ad essa Cornelia, che dovesse liberarla, puoichè l’haveva così mal trattata, si risanò.
Et parimente è stata inquisita di haver maleficiato per le cause come in processo, un figlio di m.ro Thomaso Jancina calegaro, il qual parimente rese il spirito à n.ro Sig.re, et ritrovandosi lui haverne un altro, dubitando che non gli intervenisse l’istesso, havendolo fatto benedire, gli pose sopra molte cose sante, et una notte sentendolo gridare ritrovò che era stato levato dì cuna, et posto sotto la letiera.
Et di altre simil tristezze vien parimente in esso processo incolpata, et essendo stata constituita più e più volte alla presenza n.ra sopra tutte le cose antedette, et sopra tutte quelle, che in esso processo si contengono, è stata così ardita, che gli ha bastato l’a.i.o, negar anco quelle delle quali era conventa, segno manifesto della sua sfaciatagine, et temerità; Onde volendo noi venir con.ra di lei à quell’isperienza che portava con se il processo, et la qualità del caso, fu di ordine n.ro condotta ne i loghi de i tormenti con il protesto, che per le cose che erano in processo con.ra di lei la giust.a à. suo luogho, et tempo haveria fatto quello portariano li ter.ni di ragione. Intendendo noi di saper da lei di malefficij commessi, et negando essa di haver commesso alcun maleff.o et affermaudo non saper cosa alc.a si venne alli tormenti, nelli quali lei sempre disse l’istesso, essen.o poi il giorno seguente condotta nello stesso luogho con l’istesso protesto, le fu detto, che dovesse dir li maleff.i p. lei commessi, perchè la giust.a q.sto intendeva da lei havere, et continuando lei nella negativa, si venne alli tormenti, et essen.o alquanto levata da terra, se bene interrog.a non dava però risposta alc.a, ma si cruciava, et essen.o stata subito deposta si gonfiò nella gola, et petto, rivolgen.o li occhi, facendo motti et atti spaventosi, et esse.o chiamati suso di ordine n.ro li ecc.ti Medici p. vedere, di dove potevano causare tali effetti, essen.o tirata alquanto in alto, fece l’istessi, et molto magiori, et essen.o deposta, usò tanta forza con li officiali, che la teneva sentata che apena potevano regerla, havendo una facia spaventosa, et con gridi horribili, che mettevano spavento, et all’hora fu fatto giud.o che questi effetti non potessero esser naturali, ne meno causati da humore alc.o et esser impossibibile, che fussero artificioso, ma ben piutosto Diabolici, vedendosi, che era talmente trasformata nella facia, che pareva una furia infernale. Onde fu differito di ordine n.ro il d.o Collegio, al giorno seguente, nel qual poi essen.o nell’istesso luogho de i tormenti condotta con il p.mo protesto, Inter.a che dovesse dir li Malefficij da lei comessi, rispose non saper far cosa alc.a che sapesse Dicendo, che poteva esser stata cattiva, non sapendo, soggiungendo apresso che lei fu altre volte affaturata con un suo figliolo, et fig.la et che p. liberarsi andò a Venetia, dove da una Donna fu onta sotto la mamella stanca, sopra il qual luogho disse certe parole dicendo essa Cornelia à noi, se all’hora non mi ha fatto cattiva q.sta Donna non sò di essere, et essendo posta con li piedi al fogho sempre disse l’istesso, ne potendosi havere altro, fu rimessa al luogho suo, et giudicando noi che costei fosse favorita, et aiutata da Satanasso, vedendo quanto poco temeva li tormenti, et p. le cose antecedenti, et che p. opera sua non volesse dir la verità, con licenza del s.to off.o volendo noi venir di novo alli tormenti, fu ricercato il R.do Monsig.r Arciprete di q.sta terra, il quale inscieme con altro R.do Sacerdote fece molte benedit.i nel logho di essi tormenti, et essen.o anco condotta alla presenza n.ra essa Cornelia, dal do R.do Monsig.r Arciprete, furno dette molte orat.i et da novo fu da noi ricercata, con il primo protesto à dir li malefficij da lei comessi, et lei continuò nella negativa, ne si videro gli effetti spaventosi, che al secondo Col.o furno veduti, et essen.o diverse volte lnter.a à dir li maleffizij p. lei comessi, rispose non saper cosa alc.a Onde di ordine n.ro fatta quell’esperienza che ci è stato concesso poter fare, fu condotta da novo al luogho suo, alla qual parimente fu intimato che dovesse difendersi dal soprad.o processo, havendo fatto dar commodità a quelli di essa Cornelia di parlargli sicome hanno fatto, nel qual ter.ne alcun non è comparso, ne lei si ha curato dir, ne far difesa alc.a Onde volendo noi venir all’espedit.e considerando la gravità, et la importanza del caso, et quanto sia di difficil prova, et considerate le sospicioni urgenti, et prosontioni, che sono in processo con.ra essa Cornelia, giudicando p. quelle cose che in esso processo si contengono, dicemo che detta
Cornelia sia condannata che star debbia in prigion forte serrata, sin tanto che finisca la sua vitta, et se in alcun tempo fugira di essa prigione, sia perpetuamente bandita di Salò, Riviera, Brescia, Bresciano, Quindeci miglia, oltra li confini, et de i quatro luoghi giusta la parte, et della Cità di Venetia, et Dogado, et se in alcun tempo presa tra li confini, sarà condotta nelle forze, sia condotta al logho solito della Giust.a dove p. il ministro di quella sopra un eminente solaro le sia separata la testa dal busto, siche mori, et il suo Cadavere sia abrugiato, con taglia alli captori di L. 300 de suoi beni, se ne saranno, se non delli denari à questo deputati, et nelle spese p. striga ex arbitrio etc.
Dominicettus pro m.ca Communitate Riperiae
or. Cancellariae sup.ti cl.mi D. Prov.s, et
Capitanei ex.m feci, sub.si, et sig.vi
Salodii die XX.o Septem.ris 1593.
L’ignoranza, conchiude il conte Bettoni, era causa principale di tanta miseria: e però ne consegue, quanto importi promuovere e diffondere, in ispecie ne’ volghi, una conveniente istruzione, di cui pur troppo, e l’hanno testè provato più esempi nel recente invadere del coléra, si lamenta ancora il difetto. Nè tuttavia il desiderio del meglio ci faccia sconfessare il pro che in paragone d’altre età s’è ottenuto.
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Come si intuisce fra le righe di questi documenti, e come illustrato con approfondimenti nel saggio “Leggende, curiosità e misteri del lago di Garda”, quella di Cornelia e delle torture da lei subite è una storia tragica (e non una leggenda) che ancora oggi deve offrire spunti di riflessione.
Tuttavia, la presenza di una figlia e di un figlio di Cornelia Quintiliana citati nell’incartamento, è anche un’opportunità per immaginare, per quanto possibile, un suo riscatto.
La storia della famiglia Quinti, raccontata insieme a quella della giovane Brunella nei romanzi “Il Sigillo di Sarca”, “Le streghe del Monte Corno” e “La leggenda degli amanti del lago”, nonché in alcuni racconti dell’antologia “Gardesaniana”, coinvolge anche Cornelia inserendola in un contesto a lungo termine, così che anche la sua storia (purtroppo dimenticata per un lungo periodo) possa uscire dall’oblio.