Nella religione degli antichi Romani esistono figure oscure e aspetti inquietanti che hanno toccato da vicino anche l’azzurro splendente e rassicurante delle sponde del lago di Garda.
A questo argomento tempo fa ho dedicato questo lungo articolo sui Manes e sugli indizi del loro passaggio nella regione benacense, ma anche le conturbanti presenze dei culti delle Antiche Madri non hanno mancato di lambire il nostro territorio.
Fra di esse un posto senza eguali è occupato da Cibele e dal suo amante/figlio evirato Attis, che dai tempi antichi solleticano pensieri morbosi e spaventosi e che hanno intrecciato il loro lascito con l’archeologia e la letteratura del lago di Garda, in particolare attraverso il poeta Catullo.
Attis in Catullo: mutilazione e disperazione
Nel carme 63, Catullo omaggia il mito di Attis e Cibele con i versi dedicati a un giovane che porta il nome di Attis e che è originario della terra di cui la dea frigia Cibele è la rappresentante più importante (la Frigia era una regione dell’antica Anatolia, oggi Turchia).
Per onorare la dea, dopo aver viaggiato per mare Attis giunge a un bosco sacro e, in preda al delirio, con una pietra aguzza recide “il peso del ventre”, ovvero le sue parti maschili. Così Cibele lo invita a diventare una sua sacerdotessa, abbandonando ogni indugio.
Quando giunge il sonno, e con esso la furia rabbiosa si acquieta, Attis ripensa però al proprio gesto e capisce cosa ha perduto.
Ma Cibele non vuole lasciarlo andare e contro di lui scatena grandi belve, così che Attis per tutta la vita dovrà rimanere al suo servizio.
L’episodio narrato da Catullo riprende gli elementi di cui era impregnato il mito originario: l’autorità della dea, l’evirazione, il rapporto di amore e rabbia tra i due, nel tempo raccontati in molte versioni.
Tracce archeologiche di Cibele e Attis nella regione del Garda
Al testo del poeta di Sirmione, che testimonia che il mito era profondamente radicato nell’immaginario letterario romano, si affiancano una serie di tracce archeologiche, di epoche più antiche, che avvicinano la dea frigia Cibele e il suo amato Attis anche al lago di Garda e ai suoi dintorni.
Cibele e il lago di Garda trentino
Per quanto riguarda Cibele, un elemento molto significativo arriva da Riva del Garda, ovvero dal ritrovamento, ai piedi del Monte Brione, di un’epigrafe che testimonia il culto della Gran Madre, la Madre degli Dei, ovvero l’appellativo con cui veniva chiamata Cibele in occidente. L’ara recita:
MATRI. DEVM
NVMISIVS. HER es
NVMISIAE. TYCHES et
NVMISI. PRIMI. HERM
FANVM. AMPLIAVI t.
(C.I.L. V. n. 4985)
e attesta che esisteva lì un tempio consacrato alla “Matri Deum” che venne fatto ingrandire da Numisio Ermete.
Fra l’altro, fra le leggende del Trentino, il nome della Donna Chelìna (presente in vari racconti popolari nell’area dolomitica/laudina) fu messo in correlazione proprio con quello di Cibele e con la presenza di un santuario naturale a lei vocato.
Attis a Verona e in Valpolicella
A Verona, invece, nell’entroterra e per la precisione a San Giorgio di Valpolicella, è stata rinvenuta una stipe votiva (dedicata molto probabilmente a divinità agresti) con statuette di terracotta fra le quali due in versioni diverse rappresenterebbero Attis, nonché con una Cibele rappresentata in trono, come descritto da Giuliana Cavalieri Manasse in questa relazione.
Inoltre a Verona città, in piazza Arditi, è stata ritrovata una statuetta che ritrae Attis con berretto frigio e flauto di Pan, visibile nell’immagine qui sotto (primo in alto a sinistra), tratta da questa relazione.
Cibele a Mantova e Sabbioneta
A Mantova invece un motivo interessante è dato dalla decorazione plastico-pittorica attribuita alla scuola di Giulio Romano e presente presso il Complesso Museale di Palazzo Ducale, nella quale la dea Cibele è raffigurata con due leoncini in grembo all’interno di un rilievo in stucco bianco su fondo scuro (la foto è tratta dal sito beniculturali.it, da questa pagina).
Inoltre presso il Museo di Palazzo Ducale di Mantova è presente una moneta di epoca romana che raffigura Cibele, nella foto sotto, segnalata qui.
Cibele, in quanto dea protettrice delle città fortificate, è inoltre presente con un busto collocato presso il Teatro all’Antica di Sabbioneta.
A Brescia e a Lograto tracce di Cibele e Attis
Che il culto delle due divinità della Frigia fosse penetrato durante l’Impero anche nel bresciano, forse contaminandosi e sovrapponendosi ad altri culti locali, si ricava sia da due are dedicate alla Madre degli dei, sinonimo come Magna Mater della dea Cibele, sia da numerose epigrafi che ricordano il Collegio dei Dendrofori, del quale Cibele e Attis erano numi tutelari.
Un’altra scultura di origine sepolcrale che ritrae Attis fu invece ritrovata a Provaglio d’Iseo nell’ex monastero, inizialmente interpretata come una effigie del dio persiano Mitra.
Inoltre nel parco del Castello di Lograto sono conservati reperti archeologici facenti parte di un monumento funerario o religioso dedicato al dio Attis, di età flavia (69-96 d.C.).
Infine Gnocchi fra le antiche iscrizioni attesta l’esistenza, a Bovarno, di una dedica a Cibele:
…
Verità o leggenda?
Questo excursus sulle tracce di Cibele e Attis nei luoghi attorno al lago di Garda non è certo sufficiente a creare un percorso coerente e univoco riguardante queste divinità: ma ci fa intuire come queste oscure forme di religiosità siano riuscite a pervadere anche un territorio periferico come quello del lago.
La speranza è che queste suggestioni possano lasciare un po’ di ispirazione, in vista di ulteriori approfondimenti.
Simona Cremonini