Anche Howard Phillips Lovecraft conosceva i versi di Catullo ed ebbe modo di citare l’autore latino anche in uno dei suoi racconti, che venne pubblicato esattamente 100 anni fa.
È lo stesso “solitario di Providence”, infatti, a imboccare uno dei protagonisti delle sue storie facendolo parlare degli “orribili” riti appresi dalle pagine del poeta di casa a Sirmione.
Con questo articolo approfitto dello specifico anniversario, che ricade in questi giorni, per omaggiare due autori che mi hanno profondamente influenzata e che, negli anni, hanno continuato a infilarsi fra le mie letture.
Marzo 1924: la pubblicazione del racconto I topi nel muro
Nel marzo del 1924, ovvero 100 anni fa, come riportano le note di Giuseppe Lippi che accompagnano le antologie lovecraftiane degli Oscar Mondadori, il racconto “I topi nel muro” viene pubblicato per la prima volta.
È infatti fra le pagine di Weird Tales di quel mese che i lettori possono trovare il nuovo racconto di H.P. Lovecraft “The rats in the wall”, racconto gotico ambientato in Inghilterra, nel quale l’ultimo erede della famiglia De la Poer ritorna nel vecchio continente ad abitare l’antica dimora dei suoi avi.
All’interno del racconto figura la descrizione di remoti e oscuri riti compiuti per omaggiare la dea Cibele e il dio Attis (il cui rapporto con Catullo e il lago di Garda è già stato descritto in questo articolo); e, in uno dei vari passaggi, il protagonista e narratore rivela di averli conosciuti grazie alla lettura delle pagine di Catullo.
I topi nel muro e la citazione di Catullo
Ecco lo specifico passaggio del racconto “I topi nel muro”:
Gli archi bassi e le colonne massicce parlavano di Roma, non delle goffe imitazioni fatte dai sassoni in odore di latinità, ed esprimevano il severo e armonioso classicismo dell’età dei Cesari. Le pareti abbondavano di iscrizioni familiari agli archeologi che avevano più volte visitato il luogo: parole come
“P.GETAE.PROP… TEMP… DONA…”
e
“L.PRAEC… VS… PONTIFI… ATYS…”
Il riferimento ad Ati mi fece accapponare la pelle, perché avevo letto Catullo e sapevo qualcosa degli orribili riti del dio orientale, il cui culto era profondamente collegato a quello di Cibele.
È evidente che H.P. Lovecraft si fosse dedicato anche alla lettura della poesia classica tanto da mettere in bocca al suo personaggio un riferimento così preciso all’opera catulliana: e chissà che opinione si fece (se se ne fece una) del lago di Garda, capace di evocare atmosfere tanto spaventose a Catullo che ci viveva.
…
Verità o leggenda?
Che la religione romana avesse molti lati oscuri è cosa nota (si può leggere, in proposito, anche questo articolo legato ai Manes e alla loro presenza attorno al lago di Garda), ma nessuno studioso ha mai messo in evidenza che Lovecraft ne avesse un’idea non solo vaga nel raccontare i suoi mondi.
Un’ulteriore suggestione arriva tra la curiosa assonanza tra il nome di Catullo e quello di una delle divinità più note e amate della cosmologia lovecraftiana, ovvero Cthulhu, che (H a parte) hanno le consonanti in comune nello stesso ordine. Chissà se la scelta di questo appellativo fu solo una coincidenza, oppure no, e se la città di R’lyeh, dove Cthulhu risiede, non è altri che una delle città sommerse nel lago di Garda di cui ho parlato ampiamente in “Leggende, curiosità e misteri del lago di Garda”. Del resto lo stesso Lovecraft “giocò” con il nome di Cthulhu chiamandolo con nomignoli con la stessa assonanza.
Non va dimenticato, inoltre, che “il paese di dei e innumerevoli città d’oro” di Lovecraft si chiama “Cathuria”: esso è “la terra della speranza dove brillano di perfezione tutti gli ideali dell’uomo, o almeno così si dice“.
Forse, di fronte a tutte queste ipotesi e suggestioni, c’è una sola risposta possibile: “Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn”*. O, più semplicemente, “Cthulhu fhtagn“.
Simona Cremonini
*: “Nella sua dimora a R’lyeh il morto Cthulhu attende sognando”